Da molti anni ormai è avviato lo sviluppo di sistemi di produzione di energia elettrica basati sullo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili. Il biogas è una di queste fonti energetiche. Grazie alle nuove normative in materia di autoproduzione, al riconoscimento del valore ambientale dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e ad una tecnologia ormai collaudata, è oggi possibile produrre biogas per la cogenerazione di calore ed elettricità a condizioni vantaggiose.Diverse indagini condotte nei primi anni 90, in collaborazione con centri di ricerca, sulle potenzialità del biogas producibile a partire dai liquami zootecnici, hanno fatto emergere tutti i vantaggi che la cogenerazione di energia elettrica e calore mediante biogas può dar luogo, sia in campo energetico, che in quello ambientale. La cogenerazione può inserirsi convenientemente nell’impiantistica dell’allevamento, in particolare nel caso in cui debbano essere realizzate apposite opere per assolvere ai sempre più pressanti vincoli normativi in materia di smaltimento dei liquami.
Essa a maggior ragione è auspicabile in quei territori a prevalente indirizzo zootecnico, in quanto maggiore è la produzione delle deiezioni animali, e quindi la necessità di uno smaltimento di esse nel rispetto della normativa vigente.
Dunque una scelta che produce un doppio vantaggio, quello di produrre energia “rivendendola al gestore”, e quello di eliminare gli oneri di smaltimento delle deiezioni animali a carico dell’azienda.
Per chi si avvicina per la prima volta a questo argomento, può essere di aiuto leggere l’ottima sintesi del testo redatto dal C.R.P.A.(Centro Ricerche Produzioni Animali) accessibile dal link sottostante; all’interno del documento vi sono alcuni casi di studio e valutazioni di massima relative i benefici e i costi della cogenerazione. Inoltre sono riportati in modo schematico le principali fasi del ciclo per la produzione di energia.
E’ altresì possibile fare un valutazione (anche se solo di massima) dei metri cubi di biogas ricavibile, per tonnellata di deiezione animale (funzione della specie), o da altre biomasse (scarti di macellazione, fanghi di depurazione, frazione organica di R.S.U. provenienti da raccolta differenziata).
Moltissimi imprenditori del settore zootecnico, grazie anche agli incentivi pubblici stanziati negli ultimi tempi, stanno investendo in questa direzione, consapevoli dei vantaggi economici che questa scelta produce negli anni.
3 commenti
Gaetano · Marzo 11, 2008 alle 3:02 pm
Il prefisso “Bio” deve a mio avviso richiedere la massima attenzione e cautela da parte delle persone in buona fede. La questione è chiarire qual è la nostra scala di valori e se in questa scala la “rinnovabilità” o la presunta “pulizia” di una fonte energetica vanno anteposte ad un altro problema da nove e più milioni all’anno di morti che è la fame nel mondo. Già Fidel Castro recentemente aveva masso in guardia dall’impiego intensivo di carburanti per autotrazione di origine vegetale perchè questo avrebbe determinato un rapido aumento dei prezzi delle granaglie ad uso alimentare e di foraggio, mettendo in ginocchio la fascia più povera della popolazione mondiale. E’ interesse delle multinazionali delle sementi e dei concimi sottrarre al loro impiego naturale i concimi naturali ed il mangime per rendere la produzione agricola mondiale sempre più dipendente dai propri prodotti. Ottenere questo risultato ammantandolo di un’aurea ecologica è per loro un insperato successo in termini di propaganda e disinformazione. Danni simili possono scaturire da un aumento di domanda di prodotti alimentari di agricoltura “biologica” aventi costo produttivo elevato ed inaccessibile alle fasce più povere in quanto provenienti per forza di cose da produzioni a produttività ridotte. E’ noto che l’adozione globale dell’agricoltura biologica non consentirebbe di soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale
Essendo evidente che ad ogni scelta corrisponde una rinuncia bisogna chiarire se si vuole rinunciare
all’attuale crescita demografica incontrollata
all’attuale livello di consumi energetici pro-capite
all’attuale idea di uguaglianza per cui tra quindici anni un miliardo di indiani ed un miliardo e mezzo di cinesi debbano poter avere consumi energetici ed alimentari paragonabili ai nostri triplicando, in pratica, la velocità con cui si stanno esaurendo le risorse del pianeta.
Portando la questione su un piano individuale ciò significa chiederci se
siamo disposti a rinunciare all’automobile?
siamo disposti a rinunciare all’aria condizionata?
siamo disposti a rinunciare ad avere un altro figlio?
siamo disposti a rinunciare ai viaggi?
siamo disposti a rinunciare a livelli così bassi di costo dei prodotti alimentari?
Se ci fosse da premere un pulsante per poter ripartire risorse e ricchezze più equamente sul pianeta, il suo azionamento comporterebbe tutte le rinunce sopra citate simultaneamente. Lo premeremmo? O la situazione di vantaggio è più forte del sentimento di eguaglianza e fratellanza?
Se esistesse il sito “Fame Ingegnere” credo porterebbe queste argomentazioni
Saluti
Uno Confuso
Ing Palmiero · Marzo 14, 2008 alle 4:04 pm
Beh anche se non è proprio inerente al contenuto dell’articolo, apprezzo sinceramente la riflessione soprattuttto per lo spirito.
Per quanto attiene il sito “fame ingegegnere” è da mettere in cantiere. Non sarebbe male analizzare in modo tecnico le sperequazioni del mondo e scrivere articoli nel merito.
Ti garantisco che alcuni temi che hai toccato meriterebbero di essere approfonditi, documentandosi.
Non ti ritengo affatto “uno confuso”.
Gianni · Marzo 26, 2008 alle 11:25 am
Per il discorso nella fame del mondo si dovrebbero puntualizzare alcune cose. Concordo con il fatto che è pericoloso l’aumento di colture energetiche “competitive” che utilizzano colture solitamente usate per l’alimentazione, ma, sullo stesso piano, metto la protesta di chi come me oltre ad essere sensibile al tema che hai sollevato, è vegano e pensa ai milioni di animali, alimentati con cereali ed acqua, che potrebbero essere usati per sfamare altre persone, per essere trucidati per dare da mangiare ad alcuni fortunati… http://www.societavegetariana.org/noi%20siamo%20vegetariani/pag3/carne%20e%20fame.htm
inoltre con una raccolta differenziata fatta a dovere, con una separazione quasi totale del rifiuto organico che giornalmente produciamo nelle nostre case, si può produrre notevoli quantitò di biogas, senza dover ricorrere a nessun tipo di coltivo energetico.
Per quanto riguarda il “biodiesel” ci sono piante della famiglia delle euforbiacee (tipo ricino e jatropha curcas), che producono semi da cui si ottiene stupendo biodiesel e sono piante adatte all’intercrooping, ovvero possono essere coltivate insieme ad altre piante, senza togliere spazio né alimenti a nessuno..
dipende da noi
un saluto