Negli ultimi tempi, sia in Italia che nel resto d’Europa e del mondo si assiste al progressivo utilizzo di centrali a Biomasse per il trattamento e la “valorizzazione” di alcune frazioni di rifiuti.

Questi impianti hanno il grande vantaggio di produrre energia elettrica e termica da biomasse, che sono costituite principalmente da materiali organici di natura vegetale, da reflui animali, acque reflue destinate alla depurazione e da rifiuti organici (FORSU) Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani.

Esemplificando il piu’ possibile il loro funzionamento (al fine di renderlo comprensibile anche a chi non opera in questo settore), essi attraverso un processo di digestione anaerobica, producono biogas, dalla cui combustione e’ possibile produrre energia sia termica che elettrica.

Senza entrare nel merito della cogenerazione operabile su detti impianti, che consentirebbe anche il recupero della energia termica che altrimemti andrebbe dispersa nella combustione del biogas, intendiamo soffermarci sull’utilizzo di questi impianti per il “trattamento” dei rifiuti. Questi ultimi, troppe volte di recente si sono trovati al centro di animati dibattiti tra chi ne sostiene “incondizionatamente” la validita’ e chi invece, altrettanto incondiziontamente, ne condanna l’utilizzo.

A tal fine abbiamo rivolte alcune domande ad un esperto della materia, che con grande professionalitàe cortesia si e’ reso disponibile a fornirci in chiave divulgativa alcuni chiarimenti importanti che pubblichiamo di seguito.

  • Buongiorno professore Fabbricino, innanzitutto grazie per la sua disponibilita’, come di consueto la prima domanda che rivolgo e’, chi e’ il professore Fabbricino?

Massimiliano Fabbricino è professore Ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale alll’Università di Napoli Federico II, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale, dove tiene i corsi di: “Rifiuti Solidi” e “Bonifica dei Siti Contaminati”.

  • Negli ultimi tempi l’utilizzo degli impianti cosiddetti a Biodigestione sembra essere una valida soluzione per la “trasformazione” del rifiuto Organico in Energia. Innanzitutto, questi impianti consentono solo il “trattamento” dei rifiuti organici (e se si di quali tipologie) o anche di altre tipologie di rifiuto?

Gli impianti di Biodigestione consentono la produzione di energia a partire dalle biomasse. Tra le biomasse rientrano anche tutti I Rifiuti Organici Biodegradabili. Nessun altro tipo di rifiuto potrebbe essere trattato in questi impianti.

  • La CO2 prodotta dalla combustione del metano ricavato dagli impianti e’ realmente in grado di pareggiare il bilancio dell’anidride carbonica emessa in atmosfera al contrario di quanto avviene per la CO2 emessa ex novo dalla combustione dei carburanti fossili? (la CO2 emessa dalla combustione del biogas sarebbe la stessa CO2 fissata dalle piante o assunta dagli animali in maniera indiretta tramite le piante).

Il bilancio di anidride carbonica è pressocchè pari a zero se si considerano tutte le emission di gas clima alteranti (CO2 e anche CH4) prodotte da un impianto di digestione anaerobica delle biomasse, proprio per il motivo sopra indicato. In realtà non è proprio pari a zero se si considera l’apporto derivante dal “trasporto” delle biomasse stesse.

  • Vi e’ un diffuso allarmismo sui rischi per la salute, relative le emissioni di questi impianti, gli odori e la qualita’ del compost che essi producono (che potrebbero essere dannosi per il terreno e gli animali). Lei concorda su questi rischi?

Un impianto di biodigestione condotto in maniera corretta non comporta rischi per la salute della popolazione limitrofa connessi con le emissioni gassose, nè con la qualità del prodotto finale solido (che si chiama digestato, e che eventualmente può essere trasformato in compost attraverso un processo di trasformazione aerobica). Dunque non concordo sui rischi citati. E’ tuttavia evidente che, in fase di stoccaggio il rifiuto organico biodegradabile, se non inviato immediatamente al trattamento, emette sostanze odorigene sgradevoli.

  • Un ultima domanda, secondo lei andrebbero in ogni caso localizzati fuori dalle aree fortemente antropizzate? E Lei, vivrebbe nei pressi di un biodigestore?

Si tratta di impianti industriali, che andrebbero localizzati in aree industriali o in aree agro-industriali, il più possibile vicino al luogo di produzione della biomassa (rifiuto) per evitarne il trasporto su lunghi tratti.

Se potessi scegliere non vorrei vivere in una zona industriale, neanche vicino ad una fabbrica che producesse “Chanel n. 5”, così come non vorrei vivere vicino ai cumuli di rifiuto che purtroppo vengono abbandonati per le strade, perchè mancano impianti idonei a trattarli.

Grazie di cuore per la sua disponibilita’ e professionalita’, volta alla promozione della cultura della sostenibilita’,dalla redazione di ambienteingegnere.


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