“E chi controlla il controllore?” recitava il Principe de Curtis, al secolo Toto’, ironizzando sulla corruzione, difficilmente dimostrabile e perseguibile, di chi dovrebbe controllare il rispetto delle regole.
Nel caso delle gare di appalto per l’affidamento di opere pubbliche, il controllore e’ l’ente pubblico/ commissione di gara, che dovrebbe garantire il regolare svolgimento dell’asta pubblica, aggiudicando le opere/servizi al “migliore offerente”, così come definito dal bando di gara.
A poco sono valse le evoluzioni normative degli ultimi anni, per arginare il fenomeno della “corruzione nell’affidamento di opere pubbliche ” venuto clamorosamente alla luce, tra gli altri, con “Tangentopoli” dai primi anni 90.
Potremmo infatti elencare centinaia di casi di corruzione, dall’Expo al Mose, solo per citarne alcuni più eclatanti, fino a quelli che vedono coinvolti enti locali minuscoli, dove troppo spesso la politica “E'” l’espressione di un carrozzone imprenditoriale che ha come obiettivo quello di aggiudicarsi l’esecuzione di opere pubbliche, “rientrando” dell’investimento politico fatto.
Se poi si pensa a tutte le aggiudicazioni illecite che sono riuscite a farla franca, sfuggendo all’occhio della magistratura inquirente, si raggiungono “presumibimente” numeri spropositati, che danno un’idea sul dilagare del fenomeno.
Le modalità di aggiudicazione di gare di appalto sono decine e dipendono dall’importo delle opere, dalla natura delle stesse e da altri fattori che omettiamo, lasciando, chi volesse alla lettura del Codice degli appalti pubblici. Tutte (o quasi) hanno pero’ in comune la modalità di trasmissione delle “offerte”, esse infatti avvengono in buste sigillate e comunque su supporto cartaceo, che rappresenta senz’altro l’elemento debole della catena, dove trova spazio l’azione criminale di commissioni corrotte che possono favorire modifiche/sostituzioni delle offerte economiche e tecniche, a lavori di “valutazione” aperti, con la complicità ovviamente, di tutti i soggetti in causa, membri della commissione di gara/impresa corrompente, etc.
Ad oggi, non e’ mai stato adottato, insieme alla “classica trasmissione della documentazione di gara, anche l’invio in digitale di tutti gli elaborati (datati e firmati digitalmente) a mezzo PEC (posta Elettronica Certificata) sia all’ente appaltante che all’ ANAC (associazione Nazionale Anticorruzione).
Detta modalità, rappresenterebbe una registrazione CERTIFICATA delle offerte inviate, a garanzia di genuinità di esse stesse. Inoltre la documentazione inviata potrebbe essere ispezionata in qualunque momento da chiunque ne facesse richiesta (organi inquirenti, enti locali, imprese escluse, etc).
Oggi, a mezzo di identificazione on line, si procede quotidianamente a transazioni che spostano cifre enormi in tutte le valute del mondo, (la finanza mondiale E’ web based), noi stessi, siamo diventati avvezzi all’utilizzo dell’ E-banking o alla trasmissione dei progetti agli uffici del Genio Civile per via telematica; “non si capisce” come questa modalità di trasmissione non sia mai stata pensata al fine di “arginare”un fenomeno che e’ ormai diventato la “normalità”.
Nessuno ha la soluzione in tasca, tanto meno la presunzione di proporla con un post (questo), pubblicato su un web-magazine, resterebbero infatti tanti altri modi per tentare di controllare le aggiudicazioni, turbativa d’asta.
Tuttavia, in modo collaborativo, etico e divulgativo, riteniamo utile indicare questa strada all’ ANAC, al fine di iniziare un percorso di trasparenza di cui questo settore ha vitale necessita’, rendendo sin d’ora la nostra disponibilita’ a collaborare al fine di rendere “efficaci” e applicabili le soluzioni proposte.
Il presente articolo e’ stato elaborato con la preziosa collaborazione dell’ingegnere Agostino Santillo.